ALIFE / CAIAZZO. Dai dubbi del piccolo Marcello per il viaggio a Genova alla cintura di sicurezza slacciata alla moglie Esther: due comunità ancora scosse dal dolore per la perdita di Michele e Marcello Melillo.
In una straziante cerimonia funebre è stato dato l’ultimo addio a Michele e Marcello Melillo: la signora Esther in carrozzina ha seguito la funzione religiosa.
“E’ difficile esprimere qualsiasi parola di conforto per la signora Esther e per i loro familiari. Questo è il momento del silenzio non quello assordante dell’indifferenza, quello della sofferenza e delle lacrime”. Durante l’omelia della Santa Messa per i funerali di Michele e Marcello Melillo non si poteva aggiungere veramente altro. Le due bare, una accanto all’altra, una di colore bianco che accoglieva le spoglie del piccolo Marcello, 10 anni appena, l’altra in color noce chiaro quelle del papà Michele, 33enne, hanno fatto lo stesso viaggio, l’ultimo: dall’Ospedale di Orvieto sono giunte entrambe giovedì sera alla frazione Totari di Alife, accolte dal calore di familiari ed amici, nella casa di Marcello Melillo, padre di Michele e nonno di Marcello. Dopo una notte di veglia e di preghiera alle 13:30 di ieri, venerdì 31 agosto, sono partite alla volta di Caiazzo, paese natale della signora Esther Ponsillo, dove il Vescovo della Diocesi di Alife – Caiazzo, Mons. Valentino Di Cerbo ha celebrato il rito funebre. Al termine, sempre insieme in viaggio per Alife, dove sono state tumulate nel cimitero cittadino. Due comunità in lacrime, quelle di Alife e di Caiazzo, entrambe con il lutto cittadino, proclamato dai rispettivi sindaci Maria Luisa Di Tommaso e Stefano Giaquinto. Intanto è stato convalidato dal Gip del Tribunale di Terni l’arresto del camionista bulgaro di 59 anni, accusato di aver provocato l’incidente: nei suoi confronti è contestato il reato di omicidio colposo plurimo ed è stata disposta la custodia cautelare nel carcere di vocabolo Sabbione, a Terni. Pure se è risultato negativo sia ai test antidroga che antialcool, avrebbe comunque perso il controllo del Tir, forse per un colpo di sonno, il cui rimorchio avrebbe poi agganciato fortuitamente l’auto che seguiva, quella con la famiglia Melillo a bordo, che in quel momento si trovava in fase di sorpasso. Strazianti le scese immediatamente successive al sinistro: prima che l’auto prendesse fuoco Michele Melillo avrebbe sganciato la cintura di sicurezza della moglie Esther, seduta accanto al sedile passeggeri, consentendole di uscire dall’abitacolo, anche grazie all’aiuto degli agenti della polizia stradale, presto giunti sul posto. Le avrebbe anche implorato di prendere il bambino seduto dietro, Marcello, e di uscire presto dall’auto. Purtoppo loro due non ce l’hanno fatta: sono morti lì, in quel groviglio di lamiere, con le ferite riportate per il tremendo impatto e tra le fiamme che hanno subito dopo avvolto la loro vettura. Una morte atroce, inimmaginabile, indescrivibile: si può essere, ora, solo vicini al resto della famiglia, alla signorta Esther ed ai due piccoli figli rimasti a casa, nel conforto e nella preghiera per i due cari che non ci sono più, Michele e Marcello. Proprio quest’ultimo che tanti dubbi nutriva per questo viaggio a Genova, l’ennesimo, per una visita di controllo all’ospedale Gaslini: il piccolo forse era rimasto scosso nel vedere in Tv le immagini della tragedia del crollo del Ponte Morandi ed avrebbe professato ai genitori tutti i suoi timori nel passare per quelle zone. Ma in quelle zone, purtroppo, non c’è mai arrivato.