Venafro / Isernia. Rapporto sulla Demografia d’Impresa 2012 – 2020, elaborato dall’Ufficio Studi nazionale Confcommercio.
Confcommercio diffonde i dati dell’analisi aggiornata sull’evoluzione commerciale delle città dal 2012 al 2020. Lo studio riguarda 120 città medio-grandi (110 capoluoghi di provincia più 10 comuni di media dimensione.
L’emergenza Covid si è abbattuta in maniera drammatica sul nostro sistema di imprese colpendo, in particolare, le filiere del turismo e della ristorazione che hanno azzerato i loro fatturati, ma anche moltissime imprese del commercio al dettaglio e del comparto del tempo libero (attività artistiche, sportive e di intrattenimento) che hanno chiuso definitivamente le attività. Oggi Confcommercio diffonde i dati dell’analisi aggiornata sull’evoluzione commerciale delle città dal 2012 al 2020. Lo studio riguarda 120 città medio-grandi (110 capoluoghi di provincia più 10 comuni di media dimensione, ad esclusione di Roma, Milano e Napoli). La finalità di questa analisi è quella di qualificare la demografia d’impresa guardando come gli aggregati si muovono nei centri storici (CS) rispetto al resto del comune (NCS). Per il 2020 l’Ufficio Studi di Confcommercio stima una riduzione di oltre 300mila imprese del commercio non alimentare e dei servizi, di cui circa 240mila esclusivamente a causa della pandemia, a cui si deve aggiungere anche la perdita di circa 200mila attività professionali. Complessivamente, nel 2020 sono andati persi 160 miliardi di euro di Pil, 120 miliardi di consumi e il 10% di ore lavorate. Tutte le attività considerate oggi ammontano a oltre 925mila unità: 474mila riguardano il commercio al dettaglio in sede fissa; gli ambulanti sono circa 80mila; quasi 346mila è il totale di bar, ristoranti e alberghi; quasi 25mila sono le attività registrate come altro commercio. Tra il 2012 e il 2020 sono spariti 77mila negozi in sede fissa, con una riduzione del 14,0%; per converso cresce dell’8,8% il numero di attività di alloggio e ristorazione, un trend che si traduce anche nel due capoluoghi molisani. Tra il 2012 e il 2020 a CAMPOBASSO il commercio al dettaglio ha sofferto una riduzione di attività (35 nel centro storico, 41 nel resto della città), mentre si registra la sola crescita di attività di prodotti alimentari e bevande (+21 unità) e di alberghi, bar e ristoranti soprattutto al di fuori del centro storico (+22 unità). A ISERNIA, nello stesso periodo, il commercio al dettaglio ha perso 37 attività (20 nel centro storico, 17 nel resto della città). Anche nel capoluogo pentro, come a Campobasso, aumentano bar, alberghi e ristoranti, restando stabili nel centro storico e aumentando nel resto della città (+22 unità). “Una edizione particolare – spiega Mariano Bella, Direttore Ufficio Studi Confcommercio – perché cancellazioni, mortalità e natalità sono eccezionali a causa della pandemia e sono eccezionali talvolta in senso contro-intuitivo. In Italia nel 2020 si è osservato un tasso di cancellazione (sia al lordo sia al netto delle cancellazioni d’ufficio) straordinariamente basso. Poiché non ci sentiamo di sostenere l’ipotesi di boom economico, dobbiamo ripiegare sulla più realistica ipotesi di congelamento, ibernazione del tessuto produttivo (blocco licenziamenti, cig, promesse di ristori). Molte imprese sono già chiuse nel senso che pur iscritte ai registri non operano e non opereranno mai più; il riflesso statistico (-240mila imprese perse causa Covid) si avrà nei prossimi trimestri, non subito (neppure nel primo quarto dell’anno). Questa presentazione descrive i trend strutturali di nati-mortalità del commercio nei centri storici delle città italiane, con uno sguardo a come potrebbero apparire dopo la pandemia”.