Baia Domizia / Cellole. Corpo rinvenuto carbonizzato in un’auto: il prof insegnava a Minturno ed era sparito da due giorni.
È rimasta intatta solo la mascella. Il resto è poco più che cenere. Il corpo era a bordo della Dacia Duster della madre, indagini sul giro di amici.
di Marilù Musto
È rimasta intatta solo la mascella. Il resto è poco più che cenere. Anche le ossa sono irriconoscibili. Chi ha ridotto in questo stato il cadavere di Pietro Caprio, insegnante di Educazione fisica in un istituto scolastico di Minturno (in provincia di Latina), non ha avuto alcuna pietà. L’insegnante è stato avvolto dalle fiamme mentre era bordo della sua vettura in un luogo isolato, in via Pietre bianche a Baia Domizia (Cellole), dove di solito si incontrano le coppie. Ma di lui, ora, non rimane nulla.
L’ipotesi è che fosse già morto quando è stata incendiata l’auto, ma non si esclude la pista che sia stato cosparso di benzina ancora semicosciente.
Di certo, ci sono pochi dubbi sul fatto che il cadavere appartenga a Pietro: l’auto incendiata è una Dacia Duster intestata alla mamma, lui è introvabile da oltre 24 ore. Si annodano i primi fili di indizi. Se un riconoscimento è impossibile, resta il fatto che troppe strade riconducono a lui.
Unica appendice di un’indagine sul riconoscimento è l’esame del Dna sulle ossa. Ma per avere il responso bisognerà aspettare. Ieri mattina, la macabra scoperta di un passante in località Baia Domizia, in provincia di Caserta. Sono stati i carabinieri della compagnia di Sessa Aurunca a rintracciare la vettura.
Pietro era sparito da venerdì sera, ma non c’è alcuna traccia di una denuncia di scomparsa dei familiari alle forze dell’ordine. Da tempo, viveva solo. La sua abitazione è divisa in tre piani, nel cuore di Cellole: al primo piano abita la mamma anziana, Maria G. di 84 anni (intestataria della vettura), al secondo viveva lui e al terzo piano abita la moglie, dalla quale Pietro si era separato. Il “giallo” sulla sua morte è il nuovo caso che tiene impegnati gli investigatori della provincia di Caserta.
I militari – coordinati dal capitano Alessia Di Rocco – e i vigili del fuoco del distaccamento di Mondragone hanno raccolto molti elementi sul posto. Accanto al cadavere dell’uomo sono stati trovati dei fazzoletti. Chi ha dato alle fiamme il suv Dacia Duster voleva far sparire ogni prova, ma è riuscito solo in parte nel suo intento.
Perché la sezione “rilievi” del nucleo investigativo del comando provinciale carabinieri potrebbe avere fra le mani qualche elemento-chiave. Gli inquirenti si trovano ora di fronte a un dilemma: se si tratti di un omicidio o di un suicidio. Difficile ipotizzare un gesto estremo di autolesionismo, molto più semplice ricondurre il decesso a un omicidio. Ma in quale ambiente si scava?
La sfera privata è quella che contiene più informazioni: Pietro Caprio aveva tanti amici, pare frequentasse locali alla moda. La sera della scomparsa aveva un appuntamento in un luogo isolato, accanto a un campeggio. Da lì parte la ricostruzione. Della sua vita si conosce ogni passaggio: in estate lavorava come bagnino in alcuni stabilimenti balneari di Baia Domizia; aveva il brevetto di maestro di salvamento della “federazione italiana nuoto” e anche quello di scuba driver. La famiglia era molto impegnata nell’organizzazione del carnevale a Cellole, al punto che la madre pare vestisse ogni anno gli abiti di “regina del Carnevale”.
Da settembre in poi, però, Pietro svolgeva la sua professione in una scuola di Minturno, dove lunedì si recheranno gli inquirenti per interrogare i colleghi. Intanto, ieri sera, dopo il sopralluogo del magistrato della procura di Santa Maria Capua Vetere, i resti del cadavere sono stati portati all’Istituto legale dell’ospedale di Caserta. Gli amici di Cellole raccontano di Pietro come «una persona gioviale». Si scava nella sua vita privata: è un buco nero pieno di informazioni.