CAIAZZO. Comune che evita il dissesto e, grazie al Piano di rientro, punta al riequilibrio finanziario: il punto del consigliere Anfonso Mondrone. VIDEO.
I parametri per il riequilibrio, la capacità dell’Ente, il MEF, la Corte dei Conti, i dissesti dichiarati frettolosamente da qualche Comune e… “il taglio del braccio”. VIDEO.
Dall’insediamento nel giugno 2018, quando sono stati esaminati i conti di bilancio comunale lasciati dalla precedente amministrazione, fino a rendersi conto che “qualcosa non andava“; dunque, le prime difficoltà nei pagamenti ed allineamento di bilancio che hanno “costretto ad utilizzare delle procedure straordinarie per arrivare al termine del 2018“. Il consigliere comunale in carica, Alfonso Mondrone, delegato al bilancio, passa in rassegna l’attuale situazione finanziaria dell’Ente Comune di Caiazzo, chiamato al rinnovo del Civico consesso nella prossima tornata amministrativa del 14 e 15 maggio 2023, quindi dalla situazione di partenza ereditata dall’attuale maggioranza a guida Stefano Giaquinto e, via via, tutte le iniziative che sono state, nel frattempo, adottate.
Dai 362mila euro di disavanzo di amministrazione anno 2018, un dato già preoccupante se si considera che l’esercizio passato 2017 aveva, invece, chiuso con un avanzo di amministrazione. Quindi la “mancanza completa del servizio finanziario” (in collocamento pensionistico il precedente funzionario responsabile), fino al forte disavanzo scovato nel 2019, dovuto “ad una cattiva gestione dei servizi tributari e difficoltà di recuperare le imposte dai cittadini ed anche ad una applicazione della contabilità potenziata”: un disavanzo di circa 3milioni e 600mila euro.
Da qui un primo Piano di rientro dai debiti anche “facendo leva sulla cessione di alcuni fabbricati (di proprietà comunale) e utilizzando la pluisvalenza di cessione dei fabbricati, oltre all’incremento dell’attività accertativa del Comune”. Operazioni inizialmente pensate, però – fa presente il capogruppo di maggioranza- “non abbastanza incisive” e quindi la scelta: o dichiarare il dissesto finanziario, quindi il fallimento dell’Ente, oppure tentare un Piano di riequilibrio, un piano “che ha l’obiettivo di evitare la fase di dissesto che, oltre a far schizzare le aliquote tributarie” (al massimo consentito dalla legge), impedisce nuove assunzioni e, fondamentalmente, crea un Comune fallimentare. Comuni fallimentari che non trovano sbocco sul mercato ed hanno difficoltà a reperire anche le minime possibilità economiche per cercare di recuperare il disavanzo”.
Ancora, i parametri per il riequilibrio e la capacità dell’Ente di proporre azione di recupero; il MEF e la Corte dei Conti. Da una massa passiva iniziale di 5milioni e 50mila euro circa attualmente il disavanzo è stato ridotto a 2milioni e 700mila euro circa, un certosino lavoro fatto “nonostante i due anni di pandemia e un anno di guerra con una ricostruzione attenta della parte contabile e con una gestione oculata dei tributi e delle spese siamo riusciti a recuperare…” quasi due milioni di euro.
Tra gli evidenti vantaggi del Piano di riequilibrio rispetto all’aver dichiarato frettolosamente il dissesto, come sovente invece alcuni Comuni hanno fatto, “il Comune non può essere definito fallimentare ma che si attiva per un recupero interno delle proprie finanze, quindi una rimodulazione della parte tributaria, un Ente costretto a raggiungere l’equilibrio di bilancio. Molte volte il dissesto non è risolutivo, è una fase straordinaria, oltre ai costi del dissesto perchè la Commissione Prefettizia è una commissione che paga l’Ente e che pagheranno, di conseguenza, i cittadini. In un Piano di riequilibrio non c’è questa operazione, ma gestita internamente all’Ente e costringe ad una educazione della forza amministrativa comunale: il Comune capisce che deve avere un regime di equilibrio tra spesa e entrata. Il dissesto, invece – continua il consigliere comunale – non educa l’amministrazione, sostituita da un’amministrazione straordinaria che fa capire che la soluzione al problema è troncare. Come un medico per un dolore ad una mano tende a curare la mano, non è che la taglia come soluzione, perchè tagliandola come soluzione il passo successivo sarà quello di tagliare il braccio“.
“Il Piano di riequilibrio tutti i Comuni che hanno difficoltà è il primo tentativo che devono fare perchè il questo Piano, con un’oculata gestione, al 90% delle volte riesce a far uscire il Comune da questa fase precaria ed evita di entrare in una fase peggiore che è quella del dissesto – aggiunge Mondrone.
E quei Comuni che in maniera frettolosa dichiarano il dissesto finanziario, quindi il fallimento dell’Ente, senza aver almeno tentato per un Piano di rietro? “Il Piano di riequilibrio dovrebbe essere reso obbligatorio per legge. Vedo alcuni Comuni che, con massa passiva di un milione, un milione e mezzo di euro, dichiarano il dissesto. Penso che un dissesto da un milione e mezzo di euro possa essere sempre recuperato – sostiene sempre il commercialista di Caiazzo – sia in termini di ottimizzazione delle entrate che… Non c’è bisogno di troncare, dichiarare dissesto e ripartire come prima: c’è bisogno di un’attenta e oculata attività di raggiungimento dell’equilibrio tra entrate e spese e penso che ogni Comune con una massa passiva che non è troppo forte, soprattutto se il Comune ha delle potenzialità abbastanza elevate, ottimizzare le entrate è l’obiettivo primario, non quello del dissesto che è fallimentare a prescindere“.
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