Donne e false accuse. Fece arrestare l’ex fidanzato, ora deve risarcirlo per 28mila euro.

La donna lo aveva denunciato per stalking, minacce e pure sequestro di persona Lui, 40 anni, è stato per un anno agli arresti domiciliari da innocente.

di Pietro Barghigiani

False accuse: nel 2009 accusato dalla ex convivente di stalking, sequestro di persona, violenza, furto, violazione delle misure cautelari. Arrestato, trascorre un anno ai domiciliari.

Poi non è vero niente, un anno agli arresti domiciliari da innocente per accuse che in tribunale si sono dimostrate infondate ed ora, dopo l’assoluzione nel penale, il tribunale civile di Pisa condanna la sedicente vittima a risarcire l’ex convivente con 28.000 euro per danni psicologici e morali.

Il giudice riconosce in modo esplicito la falsità delle dichiarazioni nella querela dalla quale nacque l’arresto dell’uomo. Nel processo è emersa anche la falsa testimonianza da parte di un’amica della sedicente vittima; la donna aveva ritrattato dopo essere stata indagata al momento della scoperta di un accordo per avvalorare le accuse all’imputato.

Si legge nella sentenza: «Dall’istruttoria è provata la falsità di entrambi i fatti principali che la donna ha riferito alla polizia giudiziaria e nel verbale della querela, accaduti il 21 ottobre 2009 e il 31 ottobre 2009. La donna con le sue dichiarazioni, raccontando agli inquirenti fatti non avvenuti e avvalendosi della falsa testimonianza dell’amica, li ha indotti a ritenere che il compagno avesse commesso stalking, violenza, sequestro di persona e anche furto ai suoi danni e che avesse violato il divieto di avvicinamento all’abitazione della donna».

Il tribunale riconosce che «una grave restrizione della libertà personale e totale sconvolgimento della vita e delle proprie abitudini, per un periodo così prolungato, non può che avere cagionato una profonda sofferenza».

Vittoria di Pirro. Non mi convince affatto, e non solo per la modestia del risarcimento. Il Tribunale scarica integralmente sulla calunniatrice le responsabilità del grave episodio di malagiustizia scaturito dalla frenesia forcaiola. L’attuale clima “ogni donna deve essere creduta” porta a misure cautelari restrittive per l’uomo accusato: divieto di avvicinamento alla sedicente vittima, divieto di comunicazione con ogni mezzo, divieto di dimora, braccialetto elettronico, anche gli arresti domiciliari o la detenzione in carcere.

Nel caso di specie è vero che la donna racconta menzogne, e per questo sia la calunniatrice che la falsa testimone devono assumersi le proprie responsabilità: ma non sono loro a decidere l’entità delle misure cautelari. In qualche maniera dovrebbe essere riconosciuta la corresponsabilità della magistratura nell’erogare frettolosamente misure restrittive poi con calma, piano piano, senza fretta, si va a verificare se veramente ci fossero concreti motivi per farlo. La colpa di avere rovinato la vita ad un innocente, in sostanza, andrebbe equamente distribuita fra chi racconta menzogne e chi abbocca ciecamente, ossessionato da una frenetica ossessione giustizialista – rigorosamente antimaschile – che aleggia in questo allucinante periodo storico.

Uomo colpevole? Sanzioni durissime, non ci piove. Uomo innocente? Sanzioni parimenti durissime a chi lo vuole rovinare e a chi la asseconda. Invece va in scena il teatrino delle responsabilità rimbalzate tra chi dovrebbe assumerle. La donna: «l’arresto era stato chiesto dalle autorità a seguito delle indagini e che quindi è unicamente frutto delle valutazioni del magistrato».

Lei che c’entra? Ha sbagliato il giudice. Il giudice: «l’affermazione di fatti non veritieri ha inciso sull’adozione della misura cautelare ed è stata anche dimostrata la sussistenza di condotte che sono astrattamente idonee a configurare il reato di calunnia».

Lui che c’entra? Ha sbagliato la donna. Da leggere l’arrampicamento generale sugli specchi, compreso il pretesto per non riconoscere il risarcimento per ingiusta detenzione.

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