RUVIANO / CAIAZZO. Riflettori accesi su Monte alifano, la conferenza presso l’oratorio.

la cinta di Monte Alifano era “l’oppidum” di un’ampia zona, di un “pagus” o di un “vicus”… un parco archeologico che porterebbe benefici alla collettività

Il dinamico parroco di San Giovanni è Paolo, don Massimiliano Iadarola, di cui è nota la passione storica per aver istituito, tra l’altro il Museo di Arte Sacra di Alvignanello e la biblioteca Sarnelli sull’eremo di Santa Maria degli Angeli, ha organizzato una nuova conferenza presso l’oratorio di Santa Maria di Bucciano, per lunedì 3 luglio con inizio alle ore 19, sul sito fortificato di Monte Alifano.

La conferenza sarà tenuta da Domenico Caiazza. L’archeologia GIOIA CONTA Haller, nel 1979 col suo volume ” Ricerche su alcuni centri fortificati in opera poligonale in area campano-sannitica” portò alla ribalta “l’abitato sannita di Monte Alifano, di forma quasi trapezoidale, costituito da blocchi megalitici che includevano un insediamento ampio circa 3 ettari”..

Afferma che l’area era intensamente abitata già dall’epoca antica e che la cinta di Monte Alifano era “l’oppidum” di un’ampia zona, di un “pagus” o di un “vicus”, di cui non è possibile conoscere la consistenza se non con di saggi di scavo. Dopo di lei altri si sono occupati del sito ma senza aggiungere nulla a quanto da lei già detto. Questo perché, come segnalava la Conta Haller erano necessari scavi archeologici per indagare più a fondo un sito in cui il bosco aveva ed ha ripreso il sopravvento nascondendo e contribuendo fortemente a distruggere vestigia di antiche mura poligonali testimoni di un antichissimo e glorioso passato.

A nulla sono valsi i tentativi di sensibilizzazione fatti da Augusto Russo vero conoscitore e studioso di Monte Alifano e da Antonio Sangiovanni che nel tempo ha organizzato visite guidate al sito. È noto, la Soprintendenza si attiva, forse, se l’amministrazione Comunale competente la sensibilizza fortemente e a Caiazzo ciò, finora, non è mai avvenuto. Sembra vigere ancora la cultura della cementificazione e non quella del recupero, restauro conservativo e promozione di siti unici e appartenenti alla cultura indigena sannita, prima della colonizzazione romana, che andrebbero custoditi e studiati proprio per ricercare le origini. E mi piacerebbe molto essere smentito.

Questa iniziativa promossa da don Massimiliano, conoscendolo, potrebbe segnare il giro di boa, accendere i riflettori su questo sito e perché no, visto che i tempi cambiano e i contributi se si sa chiederli arrivano, stimolare l’amministrazione comunale a prendere in seria considerazione l’idea di intervenire sul sito facendolo diventare un parco archeologico che porterebbe benefici alla collettività perché di interesse di chi sceglie il turismo esperienziale.

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