ALIFE. Il Comune vieta i sacchi neri per la raccolta dell’indifferenziato, ma esiste il diritto alla riservatezza: lo conferma il Garante della privacy.
Dai rifiuti solidi urbani è possibile risalire ad informazioni personali: per il Garante privacy non è lecito, da parte dei Comuni, imporre l’utilizzo di sacchetti trasparenti…
Per il Garante della privacy “non è lecito, da parte dei Comuni, imporre l’utilizzo di sacchetti trasparenti ai fini della raccolta differenziata
porta a porta. Si tratta di una fattispecie contraria alla normativa posta a tutela della riservatezza dei dati personali e quindi lesiva di un diritto fondamentale della persona, con la conseguenza che il perseguimento dell’interesse pubblico alla corretta differenziazione dei rifiuti, comunque giudicato meritevole di tutela, deve fondarsi su metodi differenti”.
Già questo sarebbe sufficiente a chiarire la iniziativa, ultima, del Municipio alifano che aveva introdotto questa “bizzarra” modifica alla raccolta dei rifiuti introducendo il divieto di utilizzo dei sacchetti neri limitatamente all’indifferenziato (viene raccolto in paese il mercoledi).
La definizione di dato personale è contenuta nel Regolamento dell’Unione Europea n. 679 del 27 aprile 2016 (General Data Protection Regulation), che statuisce che per dato personale deve intendersi “qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile” dove per identificabile deve considerarsi “la persona fisica che può essere identificata con riferimento a nome, un numero di identificazione, ubicazione, un identificativo online o elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale”.
E proprio attraverso i rifiuti è possibile risalire a tali informazioni, come i dati anagrafici ricavabili da una fattura di pagamento, abitudini alimentari ricavabili dagli involucri dei cibi consumati, alle condizioni di salute,
opinioni politiche, confessione religiosa, orientamento
sessuale, ed altro.
E siccome ciascun individuo ha il sacrosanto diritto “a che tutte le informazioni che lo riguardano non vengano rese note“, anzi “rimangano strettamente riservate e rientrino nella disponibilità esclusiva dell’individuo stesso”, sul punto giova ricordare anche l’intervento della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, che contribuisce a chiarire l’argomento aggiungendo che “ogni individuo ha diritto alla protezione dei dati di carattere personale che lo riguardano”, dunque, “la protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati di carattere personale è un diritto fondamentale”.
Riservatezza dei propri dati personali ravvisabile anche nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che tutela la persona da ogni ingerenza nella propria vita privata e familiare.
In ultimo, ma non per ultimo, la Costituzione italiana, che in più punti, ed articoli, è posta a tutela dei diritti fondamentali della persona, tra cui quello alla riservatezza altezza, appunto.
Sempre il Garante ha convintamente affermato che l’imposizione di dette modalità di raccolta da parte dei Comuni potrebbero “comportare, in caso di misure sproporzionate ed eventuali abusi, seri inconvenienti alle persone interessate, le quali conferiscono i rifiuti nella fondata aspettativa che gli effetti personali da esse inseriti nei sacchetti siano oggetto solo di
eventuali controlli proporzionati di cui i cittadini siano adeguatamente informati, e non anche di indebita visione ed utilizzazione da parte di terzi”.
Concludendo, l’imposizione relativa ai sacchetti trasparenti da parte dei Comuni è stata giudicata non proporzionata in quanto “chiunque si trovi a transitare sul pianerottolo o, comunque, nello spazio antistante l’abitazione, è posto in condizione di visionare agevolmente il contenuto esteriore” ma
anche non necessaria, dal momento che l’efficace raccolta dei rifiuti può essere lecitamente effettuata ricorrendo ad altri metodi quali il contrassegnare i sacchetti con codici a barre, microchip o RFID (Radio Frequency Identification) attraverso i quali è possibile “delimitare l’identificabilità del conferente ai soli casi in cui sia stata accertata la
mancata osservanza delle prescrizioni in ordine alla differenziazione e non quindi in qualunque caso.
Insomma, per il Garante della privacy non è lecito, da parte dei Comuni, imporre l’utilizzo di sacchetti trasparenti ai fini della raccolta differenziata porta a porta.
Si tratta di una fattispecie contraria alla normativa posta a tutela della
riservatezza dei dati personali e quindi lesiva di un diritto fondamentale della persona, con la conseguenza che il perseguimento dell’interesse pubblico alla corretta differenziazione dei rifiuti, comunque giudicato meritevole di tutela, deve fondarsi su metodi differenti.