CASTELLO DEL MATESE. La maggioranza canta vittoria ma ancora non è sentenza: bisogna attendere la pronuncia del Consiglio di Stato.

Cosa succederà nel caso in cui il Consiglio di Stato renda retroattiva questa disposizione? Saranno sciolti questi Consigli comunali e si tornerà a nuove elezioni?

Giuseppe Zappulo, Antonio Iuliano e Antonio Zappulo dovrebbero essere esclusi dal Consiglio Comunale di Castello del Matese ma ancora non è stata detta la parola fine al procedimento. Difatti, bisognerà ora attendere il dispositivo della sentenza (cosa che potrebbe avvenire nelle prossime settimane, al massimo un mese), quindi sarà necessario un ulteriore passaggio all’organo supremo della giustizia amministrativa, ovverosia il Consiglio di Stato.

Nei fatti alle elezioni ultime al Comune di Castello del Matese erano state presentate due liste, di cui una, la vincente, che presentava in squadra 7 uomini e 3 donne, Milena Cappello, Serena Ceniccola e Nunzia Filippelli, vedeva quale candidato a sindaco Salvatore Montone; l’altra vedeva candidato a sindaco Giuseppe Zappulo ma non aveva espressioni femminili in squadra: questo il motivo del contendere.

La sentenza che sarà emanata da suddetto organo potrà essere retroattiva, quindi automaticamente espellere dall’Assise i tre consiglieri eletti nel corso delle ultime votazioni, oppure valevole dalle prossime votazioni in poi. E sarà un sentenza di estrema importanza in quanto sono molti i Comuni in Italia che hanno visto liste che non avevano donne in elenco e che addirittura hanno vinto le elezioni: pertanto, cosa succederà nel caso in cui il Consiglio di Stato renda retroattiva questa disposizione? Saranno sciolti questi Consigli comunali e si tornerà a nuove elezioni?

QUESTA LA NORMA DETTATA DALLA CORTE COSTITUZIONALE

“È incostituzionale – recita la norma della Suprema Corte – la mancata previsione, per i comuni con meno di 5.000 abitanti, dell ’esclusione della lista elettorale che non presenti candidati di entrambi i sessi. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 62 , depositata oggi (redattrice la Vicepresidente Daria de Pretis). La presenza di candidati di entrambi i sessi nelle liste elettorali comunali costituisce una garanzia minima delle pari opportunità di accesso alle cariche elettive. Questo obbligo vale anche per i comuni con meno di 5.000 abitanti, ma per essi la disciplina sulla presentazione delle liste elettorali non prevede nessuna sanzione nel caso di violazione. La misura di riequilibrio della rappresentanza di genere nei comuni più piccoli – che rappresentano il 17% della popolazione italiana – è dunque ineffettiva e perciò inadeguata a corrispondere a quanto prescritto dall’articolo 51, primo comma, della Costituzione, secondo cui la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini. Gli articoli 71, comma 3 – bis , del Dlgs n. 267 del 2000 e 30, primo comma, lettere d – bis ) e d e ), del Dpr n. 570 del 1960, relativi alla presentazione delle liste dei candidati nei comuni con meno di 5.000 abitanti, sono quindi incostituzionali nella​ parte in cui non prevedono rimedi per il caso di liste che non assicurano la rappresentanza di entrambi i sessi. Riscontrato il vulnus, la Corte costituzionale ha ritenuto che l’esclusione delle liste che non rispettino il vincolo costituisca una soluzione costituzionalmente adeguata a porvi rimedio. Si tratta infatti della soluzione prevista dalla st essa normativa sia per il caso delle liste lesive delle quote minime di genere nei comuni maggiori, sia per quello delle liste con numero inferiore al minimo di candidati negli stessi comuni con meno di 5.000 abitanti. Essa si inserisce dunque coerentemente nel tessuto normativo senza alterarne in particolare il carattere di gradualità in ragione della dimensione dei comuni”.

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