Castelvenere. “Orme contadine”, la presentazione del libro: venti storie attinte da…

L’opera raccoglie venti storie che raccontano l’antico legame con la terra di persone sagge e di incontaminata umanità che hanno animato la civiltà contadina castelvenerese del ‘900.

‘Orme contadine – Storia di resilienza castelvenerese’ è il titolo dell’ultimo libro di Pasquale Carlo. L’opera sarà presentata sabato 13 gennaio (alle ore 18) nella cornice dell’Enoteca Comunale di Castelvenere. 

Insieme all’autore parteciperanno all’incontro: Alessandro Di Santo (sindaco di Castelvenere), Errico Formichella (CEO & Founder di Sef Consulting, società di consulenza direzionale), Emilio Bove (presidente Istituto Storico Sannio Telesino), Michelangelo Fetto (attore e registra teatrale), Paolo Speranza (critico letterario e cinematografico) e Antonio Conte (docente, già Senatore della Repubblica). A moderare l’incontro sarà il giornalista Gianrocco Rossetti.

Il libro raccoglie venti storie attinte dall’immenso patrimonio emotivo e biografico della comunità castelvenerese. Protagonista è la gente comune che ha animato il Novecento castelvenerese, quella Castelvenere contadina rimasta immune – almeno fino agli anni ’80 – alle conseguenze della spaccatura epocale che in Italia arrivò a maturazione con il boom economico degli anni ’50 e ’60.

Oggi, a distanza di poco più di mezzo secolo, l’eldorado dell’industrializzazione e della ricchezza mostra tutte le sue falle. I nostri occhi colgono, senza veli, la fine del mito della grande impresa come panacea dello sviluppo, i danni provocati dalla corsa forsennata verso un modello che ha chiesto di sacrificare i criteri di equilibrio che regolavano il mondo contadino. Quel mondo che, pur non essendo un luogo di felicità, era fonte di un sapere quanto mai attuale, utile per guardare al futuro con coraggio. Non si tratta, dunque, di un’opera nostalgica, bensì della riscoperta dell’antico legame con la terra di persone umili, di grande saggezza e incontaminata umanità. Valori che oggi costituiscono un’ancora di salvezza.

«Raccontare della storia, dei personaggi, delle produzioni agricole, dell’acqua e delle colline di Castelvenere – si legge nell’introduzione di Michelangelo Fetto – è per il nostro autore un modo per raccontare l’umanità, i suoi vizi e le virtù, profittando di una torre di avvistamento privilegiata, una sorta di stetoscopio utile ad auscultare i battiti dei mutamenti sociali, culturali, politici di questa e di tante altre realtà simili e differenti solo per posizione geografica ed inflessione linguistica. Tutto questo gli consente, in definitiva, di raccontare il mondo attraverso il racconto della propria comunità».

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