Donne e false accuse. La drammatica catena di criticità legate alle false accuse.
aumento esponenziale delle accuse che poi, alla verifica giudiziaria, si dimostrano infondate: le decine di migliaia di archiviazioni, proscioglimenti ed assoluzioni non bastano a risarcire il calvario di…
Dalla malsana combinazione tra la rapidità del Codice Rosso, i vantaggi economici per chi denuncia reati c.d. “di genere”, l’inversione dell’onere della prova e lo spostamento dell’asse giudiziario dall’oggettività alla soggettività, nasce una curiosa tendenza all’aumento esponenziale delle accuse che poi, alla verifica giudiziaria, si dimostrano infondate.
O, per brevità, false accuse.
Lei è credibile per il solo fatto di proclamarsi vittima: corri, credi, arresta;
lei, ha il patrocinio gratuito a prescindere dal reddito, lui deve difendersi a proprie spese;
il reato si configura quando alla sedicente vittima serve percepirlo come tale;
lei non deve provare di aver subito un reato, è lui a dover provare di non averlo commesso.
Qualsiasi avvocato sa che la prova in negativo è in assoluto la più difficile, spesso impossibile, da produrre. Inoltre il reato “di percezione” ha l’effetto di immunizzare ogni falsa accusa dalla denuncia per calunnia: non è dimostrabile che chi “si sente” in ansia lo sia davvero, ma nemmeno è dimostrabile che la “sensazione” sia fittizia;
non è dimostrabile che chi “si sente” perseguitata lo sia davvero, ma nemmeno è dimostrabile che la “sensazione” sia fittizia;
non è dimostrabile che chi “si sente” maltrattata lo sia davvero, ma nemmeno è dimostrabile che la “sensazione” sia fittizia.
In sostanza non è dimostrabile la malafede di chi si percepisce vittima anche senza esserlo realmente. E tanti saluti al 368 cp.
Le decine di migliaia di archiviazioni, proscioglimenti ed assoluzioni non bastano a risarcire il calvario degli innocenti ingiustamente accusati, ne’ a restituire i costi emotivi ed economici affrontati, ne’ a recuperare la dignità minata, l’immagine sociale distrutta, a volte il lavoro perso, altre volte i rapporti con la prole interrotti.
Il caso odierno del falso stupro di Roma, inoltre, fa emergere una ulteriore criticità: i danni per due anni di ingiusta detenzione non li paga il giudice frettoloso ne’ la calunniatrice, li paga un apposito fondo ministeriale. Cioè lo Stato. Cioè la collettività. Cioè noi. Ma di questa drammatica catena di criticità legate alle false accuse non si deve parlare in Parlamento, sui media nazionali e nei programmi di approfondimento. Siamo in quattro gatti a parlarne, relegati esclusivamente sul web. Ci sarà un motivo?