Donne e false accuse. Accusato dalla convivente di violenza sessuale: condannato in primo grado, assolto in Appello.

il mancato consenso al rapporto è rimasto nella mente della sedicente vittima. Per la Corte d’Appello sono le stesse dichiarazioni della presunta parte offesa a non permettere la configurazione del reato. Fatta guidare da un CAV???

Accusato dalla convivente di violenza sessuale Condannato in primo grado Assolto in Appello. il titolo è fuorviante, il mancato consenso al rapporto è rimasto nella mente della sedicente vittima.

Per la Corte d’Appello sono le stesse dichiarazioni della presunta parte offesa a non permettere la configurazione del reato; recita il dispositivo di assoluzione: “le circostanze del caso concreto, come descritte dalla persona offesa, avrebbero ingenerato il dubbio in ordine al consenso al rapporto. Segnatamente, si metteva in luce come la persona offesa, convivente dell’imputato, non si fosse opposta attivamente al rapporto e, anche successivamente alla sua consumazione, fosse rimasta nel letto accanto a lui”.

Tradotto: due conviventi hanno abitualmente dei rapporti sessuali col consenso di entrambi, in una occasione la donna non è proprio convinta di avere voglia di fare sesso ma lo fa ugualmente senza manifestare, ne’ durante ne’ dopo, il proprio dissenso.

Poi, dopo qualche tempo, corre in commissariato a denunciare: “aiuto, sono stata violentata”. L’articolo non dice se abbia denunciato il compagno dopo 3 giorni o dopo 3 mesi, se la denuncia sia arrivata in concomitanza con la rottura della coppia, se la donna abbia fatto tutto di propria iniziativa o si sia fatta guidare da un CAV. Resta il fatto che le parole bastano ad incriminare e condannare un innocente, i fatti lo fanno assolvere.

di Umberto Maiorca

Secondo la Corte d’appello “pur in presenza di un dissenso al rapporto” il comportamento della donna “poteva trarre l’imputato in errore, determinando in lui la consapevolezza di un atto consenziente”

a donna resta a letto con l’uomo dopo un rapporto: non è violenza sessuale. Secondo i giudici della Corte d’appello di Perugia, che hanno assolto l’imputato, mancherebbe l’elemento soggettivo del delitto di violenza sessuale in quanto l’autore non avrebbe avuto consapevolezza “del dissenso al rapporto della persona offesa”.

La Corte d’appello ha riformato la sentenza di primo grado, assolvendo l’imputato dal reato di cui violenza sessuale avvenuto all’interno di un rapporto di convivenza. Secondo i giudici “le circostanze del caso concreto, come descritte dalla persona offesa” avrebbero ingenerato “il dubbio in ordine al consenso al rapporto. Segnatamente, si metteva in luce come la persona offesa, convivente dell’imputato, non si fosse opposta attivamente al rapporto e, anche successivamente alla sua consumazione, fosse rimasta nel letto accanto a lui”. Un comportamento che, avrebbe rilevato la Corte, “pur in presenza di un dissenso al rapporto, poteva trarre l’imputato in errore, determinando in lui la consapevolezza di un atto consenziente”.

Per i giudici non è violenza sessuale (perugiatoday.it)

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