I Liberali italiani sopravviveranno all’epoca berlusconiana?
dal castello baronale di Letino al castello ducale di Piedimonte Matese e a quelli francesi, tedeschi… al castello dei Filangieri di San Potito Sannitico… Gaetano Filangieri fu un nobile Liberale e noto scrittore che influenzò le carte costituzionali di diversi Paesi
di Giuseppe Pace (autore di saggi sull’evoluzione del cittadino)
Avere un pensiero libero da cittadino e non più da suddito del vassallo dove il ruolo era di servo della gleba è stato un processo non breve nel quale le arti liberali hanno hanno rotto le antiche catene della sudditanza o schiavismo. Ciò si verificava tra i borghesi o abitanti del borgo medievale soprattutto. Dai figli di alcuni borghesi si fece strada l’ideale liberale che poneva il cittadino, non lo stato, a centro.
Nei miei saggi partivo dal castello baronale di Letino per poi passare al castello ducale di Piedimonte Matese e a quelli francesi, tedeschi, inglesi fino ai grattacieli dove vivono solo I cittadini straricchi. Al castello dei Filangieri di San Potito Sannitico ho dedicato particolare attenzione poichè Gaetano Filangieri fu un nobile Liberale e noto scrittore che influenzò le carte costituzionali di diversi Paesi in primis degli USA. L’ideale liberale sembra che non affascini più di tanto gli italiani come invece affascina di più i tedeschi e soprattutto gli inglesi.
Gli italiani per la storia rinascimentale lo dovrebbero essere più degli inglesi e, nell’epoca trentennale del fenomeno berlusconiano, molti lo intravvedevano nell’imprenditore milanese. Con la sua morte tanti cittadini hanno pensato che l’ideale liberale italiano subiva un’altra grave battutta d’arresto. Tra i liberali si ricorda due piemontesi di nascita Giovanni Giolitti, che fu più centrista che liberale, e Luigi Einaudi, Presidente della Repubblica Italiana e il figlio, che fondò la omonima casa editrice il cui emblema consiste in un’impresa con il corpo che raffigura uno struzzo che stringe un chiodo nel becco e, sullo sfondo, un paesaggio con un castello e la cui anima reca la dicitura «Spiritus durissima coquit».
Attorno ai castelli medievali, di cui l’Italia ha il primato mondiale (seguita dalla Francia anche se il Galles ne ha la maggiore concentrazione), si formarono i primi liberali o cittadini artefici del proprio ambiente poichè vivevano del proprio ingegno distinguendosi dai nobili che ereditavano una ricchezza accumulata dai loro avi. Queste considerazioni le ho ampiamente scritte in due saggi Canale di Pace I e II edizione bilingue, editi da Amazon, libri.it. Va ricordato che le forze politiche liberali furono le protagoniste del processo unitario nazionale che si compì nel 1861 e per il Veneto nel 1866.
La natura elitaria del nuovo Stato italiano fece sì che l’intero Parlamento divenisse praticamente espressione di tale ideologia politica, seppur suddivisa fra una fazione conservatrice e un’altra innovatrice. Quest’assoluto predominio, unito ai fenomeni di trasformismo che ben presto caratterizzarono. I liberali diedero vita a molti governi, tra i quali quello di Cavour, di Giuseppe Zanardelli e Giovanni Giolitti.
Al politico Berlusconi bisogna almeno riconoscere la battaglia che ha condotto, pagandola non poco in diffamazioni d’ogni tipo, per arginare lo strapotere della burocrazia che si annida nella Pubblica Amministrazione. Essa si specializza nello scaricabarile delle responsabilità secondo la studiata secolarizzazione o indifferenza al servizio da erogare con imparzialità e gentilezza.
Tutti gli italiani la conoscono bene la pratica dello scaricabarile. Lo sanno in modo esperenziale quando rinnovano il passaporto in questura, pagano i servizi vari municipali o seguono la pratica edile, ecc.. Lo sanno meno quelli che delegano altri, a pagamento, comprese molte agenzie varie diffuse in aree meno povere, La costante promessa di abbassare le tasse agli italiani non era uno slogan del cavaliere per antonomasia. Era una sua convinzione dettata dall’esperienza imprenditoriale di chi produce ricchezza e benessere anche per gli altri. Invece gli rispondevano in tanti e in malo modo su questo tasto di equità fiscale tra chi ha qualcosa e chi, invece, non l’ha e pretende di dire l’ultima gridando.
In Italia sembra valere il detto napoletano che 3 sono I potenti: il re, il papa e chi non ha niente! A favorire il presunto povero e danneggiare il presunto ricco, ci hanno pensato molti politici d’ispirazione marxista e dintorni. Il loro ideale era impoverire tutti in modo da renderli tra i migliori dei sudditi supini allo stato padronale del proprio partito anche con con magistrati favorevoli, che hanno scatenato la caccia a Berlusconi impallinandolo ovunque non mostrasse la corazza.
Nei governi che ha diretto o favorito l’On. Silvio Berlusconi, anche la scuola è stata oggetto di riforme, tutte ostacolate dalla montagna di avversione degli statalisti populisti che si annidavano anche nel mondo dei docenti, ridotti a impiegati di stato padronale. Tra tutti gli oppositori all’idea liberale, che Berlusconi rappresentava, anche se non sempre in modo migliore, si sono voluti distinguere anche il giorno del funerale e del lutto nazionale. Tra loro primeggia addirittura un Rettore di un’Università Statale, non privata! Questi ha disobbedito al potere democratico e alle sue Leggi non facendo abbassare la bandiera a mezz’asta nella ”sua” Università.
Ciò è un esempio eclatante dello statalismo padronale che in Itala ancora sussiste e resiste nonostante l’evoluzione dei sudditi a cittadini che dal boom economico italiano 1953-73 e successivo come spesso ribadisco nel mio saggio sull’evoluzione del cittadino, che combatte per una democrazia più matura difendendo la separazione dei tre poteri: legislativo, esecutivo e giudiziari. Per quest’ultimo leggiamo le dichiarazioni sensate del neoministro “Malsano non direi, ma c’è stato un rapporto molto conflittuale fin dagli inizi dell’operazione Mani pulite, alla quale ho partecipato anche io. Quando le indagini hanno ad oggetto personaggi politici questo conflitto emerge.
Quello però che è patologico in Italia, è che molto spesso la politica ha ceduto alle pressioni della magistratura sulla formazione delle leggi, questo non è ammissibile. Il magistrato non può criticare le leggi, così come il politico non potrebbe criticare le sentenze. E’ un principio elementare della divisione dei poteri, questa è la democrazia e non sono ammesse interferenze”. Così il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, a SkyTg24, alla domanda se ci sia un rapporto malsano tra magistratura e politica. “Il provvedimento era stato calendarizzato per oggi secondo un cronoprogramma già stabilito. Che ci sia stata la coincidenza con la dolorosa scomparsa di Berlusconi da un lato può costituire un tributo per la sua battaglia, ma dall’altro ha il rammarico di impedirgli di assistere al primo passo per una riforma radicale di una giustizia garantista che lui auspicava”, ha aggiunto parlando della riforma della giustizia.
“L’articolo 104 della Costituzione riconosce all’ordine giudiziario l’autonomia e l’indipendenza da ogni altro potere. Sono presidi indiscutibili attraverso i quali la giurisdizione può assicurare, senza condizionamenti, l’imparziale applicazione della legge”. Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo intervento in occasione dell’incontro con i magistrati ordinari in tirocinio. “L’evoluzione della società determina la nascita di sempre nuove domande di giustizia.
Ad esse la Magistratura deve poter fornire una risposta, attraverso la sapiente attività di applicazione della legge, che va condotta lungo il binario dei principi e dei valori costituzionali. Invece, la prima donna a capo del governo italiano, dichiara: “Silvio Berlusconi esce di scena da protagonista. Molti in queste ore ne hanno raccontato l’avventura umana, imprenditoriale e politica. Sul suo nome gli italiani si sono divisi e il giudizio della storia sarà diverso da quello della cronaca. Più sereno, meditato ed equilibrato”.
Giorgia Meloni, in una lettera al Corriere della Sera nel giorno dei funerali del fondatore di Forza Italia scrive: “C’è chi lo ha combattuto politicamente con lealtà e chi invece ha usato mezzi impropri per provare a sconfiggerlo. Anche questo è un dato sul quale riflettere, per l’oggi e il domani, perchè alla fine di questa storia i suoi avversari hanno perso. Berlusconi faceva parte della borghesia imprenditoriale di Milano non per eredità e lignaggio, ma per capacità e intraprendenza – prosegue -. Quanti stereotipi su di lui si addensano in queste ore”.
“La storia della famiglia di Berlusconi è quella di tanti italiani che nel Dopoguerra, con pochi soldi e molte speranze, si sono battuti per migliorare la loro condizione e quella dei propri figli, realizzando quello che è stato chiamato il miracolo italiano – sottolinea – . La naturale empatia che molti italiani provavano per Berlusconi deriva da qui: dall’essere uno di loro, uno che ce l’aveva fatta e che non apparteneva a quei mondi esclusivi e inaccessibili, tipici delle storiche famiglie influenti italiane. Berlusconi è stato il primo della nostra storia repubblicana a diventare presidente del Consiglio dopo essersi affermato nel settore privato.
L’imprenditore prestato alla politica che rompeva uno schema ormai consolidato in Italia. Il Giornale dà un’informazione sugli anti Cav, personaggi (piccoli e bolliti) in cerca di visibilità, Storia di Andrea Indini. “Gli anti Cav, personaggi (piccoli e bolliti) in cerca di visibilità. Un bruttissimo album di figurine. Di quelle che nessuno vorrebbe mai collezionare, se non forse i fan di Marco Travaglio. Ecco: giusto lì, in allegato al Fatto Quotidiano, potrebbero essere distribuite. Questa ce l’ho, questa mi manca. Le figurine con i volti degli anti Cav. Gli irriducibili dell’odio, quelli del partito del rancore che, un minuto dopo l’annuncio della morte di Silvio Berlusconi, sono rispuntati fuori come funghi velenosi. Uno ad uno, in particolar modo quelli che le cronache politiche avevano giustamente liquidato in un angolino buio, sono tornati alla carica spargendo fiele sui social network e sui giornali amici.
Giornalisti, politici in pensione, pseudo comici, ex magistrati: una lunga lista di personaggi (piccoli e bolliti) che, in cerca di visibilità, sono tornati a infangare l’imprenditore milanese prestato alla politica. Sull’odio contro Berlusconi molti hanno costruito carriere ben remunerate. Non avremmo dovuto, dunque, aspettarci di meglio da questi personaggi. Eppure, sotto sotto, abbiamo sperato fino all’ultimo che, in un momento tanto doloroso, il nemico di una vita potesse avere la statura necessaria a capire che era arrivato il momento di deporre le armi e rendere omaggio. Un esempio: il Fatto Quotidiano. Da lì è partito l’ordine di scuderia. Una collezione di prime pagine che, a scrivere che sono di cattivo gusto, gli si fa forse un complimento.
Gli editoriali al vetriolo di Travaglio e le vignette, altrettanto livorose, di Natangelo. La lista degli iscritti al partito dell’odio tornati alla carica negli ultimi giorni è lunga. Tutti nomi noti a chi ha frequentato gli ultimi trent’anni della politica italiana. È il caso, per esempio, di Rosy Bindi, una che in passato ha avuto parecchio da ridire con Berlusconi e che ha subito colto l’occasione per sferrare l’ultimo colpo. Del tutto inopportuna a polemizzare sul lutto nazionale e sui funerali di Stato. Se vedesse la pubblicazione, l’album di figurine degli anti Cav non sarebbe diviso per squadre. Perché giocano tutti nella stessa squadra. E lo fanno in modo scorretto.
Come l’ultima sparata di Laura Boldrini. O l’entrata a gamba tesa di Giuseppe Conte. Da cartellino rosso, tanto quanto Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli. E brutto pure il fallo di Elly Schlein. Lei che, in questi giorni era riuscita a non lasciarsi andare a bassezze, ha aspettato i minuti di recupero per far volare le mani. Ma è nelle tempistiche che i due principali esponenti dell’opposizione mostrano il peggio. Se all’inizio l’avvocato del popolo concede al Cav un post di “sincero e rispettoso affetto”, la base grillina imbufalita lo obbliga a seguire la linea massimalista del Fatto disertando il funerale.
Allo stesso modo la leader dem: prima va in Duomo, poi ci ripensa e torna all’attacco. Da entrambi davvero una pessima giocata. È fuori dalla politica, però, che si consumano le scorrettezze peggiori. T. Montanari, rettore dell’Università per stranieri di Siena, contro le bandiere a mezz’asta in ateneo; le dichiarazioni dell’ex procuratore aggiunto di Milano A. Robledo (quello dei casi Mills e Mediaset); gli affondi di Corrado Augias, Gad Lerner e Oliviero Toscani; il post obbrobrioso di Corrado Guzzanti (“Rutto nazionale” su sfondo nero). E poi i minuti di silenzio non rispettati da sconosciuti consiglieri municipali e comunali, anche loro in cerca di uno secondo di visibilità sulle cronache nazionali”. Giovanni Gozzer, noto pedagogista e autore di libri di qualità notevole per chi insegna, disse in un corso di aggiornamento per docenti a Padova, che dovevano aspettarsi un cinquantennio di cattocomunismo poichè il lungo processo storico del solidarsmo marxista che si innescava con quello cattolico. Si era compiuto” Credo che sia stato un profeta del vero e non del fantastico!