La narrazione dominante sui femminicidi è falsa (dati Istat alla mano).

in Italia nel 2021 ci sono stati 303 omicidi, di cui il 61% di uomini… il metodo è quello di individuare il nemico, disumanizzarlo e chiamare a raccolta le truppe… “gli uomini subiscono violenza più spesso delle donne”

Perché parlare di questa tematica? Perché c’è una narrazione dominante basata sul “noi contro loro”, sulla menzogna, su generalizzazioni, sull’ignoranza di dati e fatti, in un approccio conflittuale e clima d’odio che discrimina e non coglie il punto della questione.

Come ogni processo di barbarica polarizzazione ideologica, il metodo è quello di individuare il nemico, disumanizzarlo e chiamare a raccolta le truppe, rispondendo ai nostri istinti sociali più primitivi.

Assomiglia molto a ciò che è spesso accaduto con l’immigrazione. C’era la notizia di un reato grave e veniva utilizzata dai mass media per creare l’immagine dell’immigrato mostro, assassino, violentatore, spaventando la gente con la rappresentazione di un’emergenza che non esisteva.

Vediamo quali sono i tanti miti da sfatare, per poi addentarci in un discorso più profondo sul come siamo caduti nelle logiche di potere e sul perché dovremmo riappropriarci di quelle dell’amore.

Dati sugli omicidi divisi per sesso

Secondo l’ultimo rapporto Istat, in Italia nel 2021 ci sono stati 303 omicidi, di cui:

  • 184 uomini (60,73%)
  • 119 donne (39,27%)

Possiamo dedurre che nascere uomo anziché donna significa incorrere in un significativo maggior rischio di essere vittima di un omicidio.

La narrazione dominante però si concentra sugli omicidi in cui l’autore e la vittima sono di sesso diverso e trasmette l’idea che sono sempre gli uomini che uccidono le donne. Nemmeno per sbaglio si arriva a sfiorare l’idea che possa accadere anche il contrario, ma guardiamo i dati.

Dei 303 omicidi totali, 139 sono avvenuti nell’ambito di una relazione di coppia o in famiglia (45,87%) di cui:

  • 100 donne (71,94%)
  • 39 uomini (28,06%)

Quasi il 30% di questi omicidi ha quindi come vittima un uomo per mano di una donna e questo non è un dato irrilevante. Se venisse raccontato, dando risalto mediatico ad almeno 1 di quei 39 casi di cronaca nera, sarebbe più difficile poi parlare di «femminicidi» senza parlare anche di «maschicidi»; sarebbe più difficile scaricare le colpe sul maschilismo e sul patriarcato, perché comincerebbe già un po’ ad emergere che la causa della violenza non è nelle differenze di genere, ma va ricercata altrove.

Certo, se il dato fosse divulgato la narrazione dominante continuerebbe comunque a dire che la ragione di questa sproporzione (70-30%) è dovuta sempre al maschilismo e al patriarcato, senza osare minimamente considerare la differenza di forza fisica tra uomo e donna. La natura biologica sembra sempre più invisibile di questi tempi.

Eppure è di un’ovvietà imbarazzante che quando un uomo vuole far male ad una donna ha molte più possibilità e più fiducia di riuscita che al contrario, per ragioni proprio fisiche. Sarebbe stato anomalo se, nonostante ciò, il riscontro dei dati fosse stato 50-50%.

Inoltre, se ancora volessimo pensare che la causa della sproporzione sia basata sulla solita storia del maschilismo e del patriarcato, l’avremmo rilevata anche sul piano delle violenze psicologiche dove, invece, la realtà è ben diversa e quasi opposta.

La violenza da donna a uomo

Secondo recenti studi (Straus, 2011; Cortoni et al., 2017; Denson et al., 2018, Dim; 2020; Douglass et al., 2020) gli uomini subiscono violenza più spesso delle donne. In particolare emerge che queste ultime riportano solitamente lesioni fisiche più severe, ma ciò non implica che i danni subiti dagli uomini siano meno gravi o importanti.

L’aggressione sugli uomini, rispetto a quella fisica o sessuale, è prevalentemente di tipo psicologico, con conseguenze a lungo termine devastanti per il benessere della persona (Randle & Graham, 2011).

Pasquale Giuseppe Macrì, docente dell’Università di Arezzo, ha realizzato il primo studio sul tema nel 2012 accendono i riflettori su quello che ha definito un fenomeno «sommerso e sottovalutato». Secondo lo studio sono circa 3,8 milioni gli uomini in Italia che hanno subito abusi per mano femminile (il 18,7% della popolazione maschile).

Ciò che emerge da questo studio è che gli episodi non vengono denunciati per la paura di non essere creduti. L’essere vittima di violenza non si concilia con l’immagine di “uomo forte” che le culture di tutto il mondo e di tutti i tempi ereditano dal dato di natura.

Molti di questi uomini quindi sono convinti che ci si aspetti da loro che siano in grado di difendersi da soli: questa è una delle ragioni per cui pochi di loro chiedono aiuto e/o si rivolgono ai centri antiviolenza.

Gaia Mignone, sociologa con specializzazione in criminologia, da tempo opera nel centro anti-violenza Ankyra. Ha raccontato che gli uomini che si rivolgono a loro sono vittime di violenza domestica e stalking e che la difficoltà maggiore che affrontano è la vergogna nell’ammettere di subire abusi da parte di una donna perché per un uomo è squalificante. L’atto di sedersi in Questura di fronte a un carabiniere o a un poliziotto è complesso specialmente quando si parla di violenza sessuale.

Si tende sempre a pensare che l’uomo sia il carnefice e la donna la vittima. E ciò è alimentato anche dalla continua propaganda mediatica unilaterale. Inoltre ciò dà vita anche al fenomeno delle «false accuse», quando le donne sfruttano la loro credibilità per ottenere benefici o risarcimenti o per far del male a qualcuno. I dati e la percezione delle violenze subite dagli uomini sono, in somma sintesi, inevitabilmente sottostimati.

Warren Farrel, educatore statunitense autore di sette libri su tematiche di genere, in una sua ricerca mette in luce la teoria della “Cortina di Pizzo”: quando a delinquere è un uomo, l’attenzione maggiore si concentra sull’efferatezza del gesto. Quando a farlo è una donna, l’attenzione si concentra sulle cause che l’avrebbero spinta al gesto.

Anche l’uomo, come la donna, tende a portare avanti la relazione anche se vittima di violenza. I timori riguardano soprattutto la separazione, in quanto con essa temono di perdere tutto, inclusi i figli e le proprietà. Tra le violenze psicologiche denunciate dall’89% degli uomini-padri, infatti, al primo posto figurano le azioni o la minaccia di azioni finalizzate alla sottrazione dei figli in seguito alla separazione.

Gli studi in questo settore sono ancora in fase sperimentale, ma quello che si evince è che il profilo della donna maltrattante è identico a quello della più conosciuta figura violenta maschile.

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  1. Marzo 08, 14:26 Cetto

    Che i dati sul femminicidio divulgati siano falsi (ancora oggi 8 Marzo 2024 i TG continuano imperterriti a sfornare cazzate) è fuori da ogni ogni dubbio.
    La questione della violenza delle donne sugli uomini è su alcuni punti un po’ fumosa e starei attento a giungere a conclusioni.
    Sul punto più importante discusso dall’articolo, invece sono completamente in disaccordo, pur non condividendo le ridicole tesi propagandare in ogni trasmissione televisiva o articolo di giornale: è implausibile (o comunque una pura supposizione priva di supporto), che il motivo per cui gli uomini assassinati dalle donne siano meno delle donne assassinate dagli uomini, possa essere la differenza di forza fisica, se intesa come pura efficacia nell’omicidio.
    La principale motivazione (usata in maniera opportunista quando fa comodo) è che l’uomo è davvero più violento delle donne (almeno per quanto riguarda la violenza fisica), cosa rimarcata in continuazione dalle pseudo femministe, e lo è perché è più impulsivo, e la violenza dell’uomo è indistinta, non è indirizzata in particolare verso le donne, e la dimostrazione sta nei numeri mostrati anche da voi, dove si vede che la maggior parte degli omicidi ha per vittima uomini (fome ovviamente la maggior parte dei carnefici). È ridicolmente ovvio poi, che restringendo l’universo alle sole coppie (anziché all’intera popolazione), ci saranno più vittime donne per mano di uomini, ma non per accanimento contro la donna, patriarcato e altre stronzate del genere, e lo dimostra quanto detto prima sugli omicidi complessivi: la violenza degli uomini è indistinta (o semmai preferenzialmente indirizzata verso altri uomini). L’uomo è più violento della donna, punto, sarà sempre così. Chiaramente bisogna ridurre questa tendenza quanto più possibile con i mezzi socio-culturali, ma non può essere usato questo dato di fatto biologico per stigmatizzare l’uomo e fargliene una colpa, perché è inaccettabile oltre che ridicolo.
    Sulla questione della violenza psicologica, è vero che le donne usano preferibilmente quella rispetto alla violenza fisica (e si potrebbe supporre che in questo caso le differenze fisiche abbiano un ruolo, ma mi sembra superfluo), e che la violenza psicologica sia dannosa quanto e forse più di quella fisica (se non altro perché passa più inosservata, sottovalutata e non si ha lo stesso supporto), ma non per questo si può affermare che le donne siano ugualmente inclini alla violenza, ad esempio anche secondo i dati che abbiamo sul bullismo sappiamo che sono i maschi ad esserne maggiormente coinvolti.

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