PIEDIMONTE MATESE. Un grande tenore in città, il recital con diverse partecipazioni.

Sabato 27 luglio, ore 21:00, in Piazza Roma, con la partecipazione di Alessia Di Cicco, soprano; Loredana Ferrante, mezzosoprano; Jacopo Cucciolillo, tenore; Mario Greco, tenore. Al pianoforte Elisa Montipo’.
Il tenore campano protagonista di «Le Willis», prima opera scritta da Puccini che inaugurerà il Festival del Centenario. La povertà, lo Zecchino d’oro, la gioventù sospesa tra oratorio e cattive compagnie come solo al Sud può accadere, la malattia. E poi la lirica. Vincenzo Costanzo, 32 anni, nativo di Somma Vesuviana, è il tenore di Le Willis, l’opera con cui Puccini esordì e che ha aperto di festival Torre del Lago.
“Per vicissitudini familiari, sono cresciuto con mio nonno materno. Era contadino. Quando non andavo a scuola lavoravo con lui in campagna nella raccolta delle albicocche, che dalle mie parti sono dolci come lo zucchero. Io cantavo e con l’eco, dalla parte opposta della montagna, gli altri contadini dicevano: è Vincenzo che sta col nonno. La musica mi ha salvato».
“Perché la mia adolescenza sembra presa pari pari da Mare fuori. Come diceva Benedetto Croce, Napoli è un Paradiso abitato da diavoli. E io volevo uscire dalla m…Da piccolo imitavo le voci che sentivo in tv. Entrai nel coro di voci bianche del San Carlo cantando La donna e mobile, e in commissione risero tutti ma mi presero. E con la voce impostata a 10 anni ho vinto lo Zecchino d’oro: ero alto un metro, cantavo con la voce impostata una canzone napoletana. Mi sentivo come un piccolo super eroe, il potere della voce non faceva miracoli ma regalava emozioni”.
Poi larla della malattia: “L’ho scoperto nel 2017 mentre cantavo La Rondine. L’ho sconfitta. Non ne parlo volentieri, diciamo che sono stato baciato dal destino. Mi ha fatto capire cosa è importante veramente nella vita e che, come diceva Totò in ‘A livella, siamo tutti uguali. Da lì è cominciata la mia seconda carriera. Sono stato fermo un anno, poi venne il Covid e lo so che sembra una bestemmia ma per me fu una salvezza perché mi diede il tempo di riprendermi fisicamente. La mia voce è diventata più scura e ampia”.
Fino agli incontri importanti. “Dopo aver vinto alle Voci verdiane, cantai Luisa Miller a Busseto con Leo Nucci nella sua prima regia. Alle prove ero su una sedia, normalmente, lui si avvicinò e mi riprese: a teatro anche da seduto devi avere una forma piacente, devi cercare di sedurre il pubblico. Poi un’altra cosa che mi disse è che bisogna salutare tutti, dalle sarte ai macchinisti. Un altro incontro importante è stato con Massimo Iannone».
Lo storico corista dell’Accademia di Santa Cecilia: “Ora è vocal coach in giro per il mondo. La prima volta lo vidi al chiosco del bar vicino al teatro di Torre del Lago e mi incuriosì il suo aspetto eccentrico e folcloristico, la sua collana buddhista esibita come un trofeo. Mi sono detto: ma chi è ‘sto pazzo? Parlandoci ho capito che sa molto di musica e di tecnica, ma anche di psicologia teatrale. In quei giorni cantavo Tosca con la regia di Stefania Sandrelli, tutta orientata sulla violenza contro le donne. Sono rimasto incantato dalla sua dolcezza e dal modo di dire le cose. Il palco era pieno di scarpe rosse; mi chiesero il bis di E lucevan le stelle e ne afferrai due, sollevando le braccia al cielo. Fu un’emozione grandissima, la gente mi applaudiva e mi rivenne alla mente la mia infanzia con otto donne, nonna, zie, cugine, sono cresciuto con loro. Da quel giorno Massimo Iannone è diventato il mio portafortuna, sei il mio curniciello rosso, gli dico sempre. Ho fatto Tosca con Daniele Gatti e Michele Mariotti e canterò Cavalleria con Riccardo Muti”.